Gucci Aria è il best of di Alessandro Michele

Lo show di Gucci andato in scena ieri entra di diritto nel podio dei capolavori della maison fiorentina.

È evidente che Alessandro Michele sta cambiando completamente le regole della moda: prima con la stagionalità, poi con le fashion week, il concetto di genere e ora con #GucciAria prova a distruggere il significato di collaborazione per come viene solitamente inteso nella moda. Riuscendoci!

Un look alla volta la collezione Gucci non si riduce ad uno show di stili ibridi, bensì si arricchisce e diventa sempre più desiderabile.

In 94 look Gucci omaggia, si autocelebra e al tempo stesso si reinventa e festeggia 100 anni.

Un secolo di moda anche se c’è da dire che Gucci è si un brand centenario, ma ciò nonostante ha avuto pochi direttori creativi in paragone ad altri marchi. 

Gucci

A ben pensarci la moda di Gucci nasce con Tom Ford negli anni Novanta il quale gli attribuisce cucendogli addosso tutto l’immaginario della sensualità e del sexy, dal fetish all’annullamento di genere delle categorie delle pratiche sessuali. 

Gucci ha il potere di essere un culto, e Tom Ford è stato forse il primo ad accorgersi di questa grandissima potenzialità, per questo motivo Alessandro Michele ha infatti riportato in passerella una miriade di classici direttamente dall’epoca Gucci di Tom Ford per continuare a portare avanti la sua riflessione sulla sessualità.

Gucci

Così Michele trasforma il pettinato stile equestre attraverso l’inserto di motivi fetish applicati sul corpo come fossero imbracature o choker passando per i power puff, le maniche di piume.

Pizzo lingerie e jeans con logo a vita bassa allacciati con una cintura che torna ancora una volta ad essere desiderabile indossata con décolleté anch’esse logate.

Come non citare l’abito di velluto rosso che ha ricordato quello che Gwyneth Paltrow indossò agli MTV Music Awards del 1996, che se potessi permettermelo sarebbe già mio.

Come a voler mettere in scena una rinascita della maison attraverso le tantissime cose che Gucci contiene, si ha l’impressione di sfogliare un album fotografico di famiglia Gucci fatto di elementi, contaminazioni, messaggi e codici segreti.

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Dopo Tom è stato il momento di Frida che Michele ricorda con Flora, la stampa del periodo Giannini, fino ad arrivare all’incestuosa collaborazione con Balenciaga (Incestuosa perchè sono entrambi “figli” di Kering) segnando dunque una rinascita, una rivincita, una ricollocazione e una rivolta nella moda.

Michele fa quindi sua l’estetica di Demna Gvasalia, per una serie di look e accessori che fondono le silhouette di Balenciaga con i classici tessuti di Gucci.

Sono già cult la borsa Jackie di Gucci e la borsa Hourglass di Balenciaga ricoperte da una versione co-branded dell’All-Over Logo Pattern di Balenciaga.

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Lo stesso pattern è replicato anche su vari abiti, tra cui un tailleur interamente ricoperto di paillettes.

L’influenza di Demna, però, si è estesa anche ad altri look e silhouette dal taglio boxy della collezione ma anche ad accessori come gli occhiali da sole e collane.

Presente in altri look la scritta “Savoy”, che insieme all’incursione Balenciagucci è forse la vera protagonista della collezione.

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La sua origine richiama il Savoy Hotel, un albergo di lusso amatissimo a Londra dall’Ottocento in poi, frequentato fra gli altri da Oscar Wilde, Frank Sinatra, Marilyn Monroe, i Beatles e Winston Churchill. 

Fu proprio al Savoy che Guccio Gucci lavorò durante il suo periodo londinese, scoprendo il mondo della valigeria dei ricchi e, infine, sviluppando l’idea di tornare a Firenze per aprire una bottega di valige che sarebbe poi diventata il Gucci che conosciamo.

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Negli anni ’20, l’hotel ispirò il nome della Savoy Ballroom a New York, un locale iconico che venne definito «il cuore pulsante di Harlem» e fu uno dei punti di riferimento per l’evoluzione della cultura swing e jazz in America.

Sebbene ci fossero molti accessori, comprese borse stampate con i testi delle canzoni di Gucci, anelli al naso con logo, catene per il corpo e persino gioielli raffinati, lo stile massimalista di Michele si è fatto da parte a favore di un aspetto più ordinato.

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Alla fine del film-sfilata, le modelle irrompono in un paradiso all’aperto, un giardino dell’Eden post-COVID-19, spruzzando profumo, mettendo il rossetto e abbracciando vecchi amici inneggiando alla libertà e al ritorno di una vita normale perchè come lo stesso Michele ha dichiarato:”Questo show è un inno alla vita”.

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